Dubbi interpretativi dei lasciti in proprio favore quando si è nominati esecutori testamentari.

Sono una studente in scienze matematiche, un anziano amico di famiglia da vecchia data mi ha nominata quale suo esecutore testamentario, e per verità me ne aveva già fatto cenno in vita. Oggi, all’acingpertura della successione e del testamento pubblico, scopro che mi ha attribuito anche un lascito in denaro abbastanza grande indicando a mio favore nella scheda testamentaria “…lascio questa somma per riconoscenza in quanto si occuperà di fare l’esecutore del presente testamento”. A che titolo si può qualificare il lascito? quante tasse dovrò pagare se lo accetto? Grazie.
Le alternative che si pongono, stante la nomina ad esecutore testamentario, sono la qualificazione del lascito a titolo di retribuzione dell’ufficio di esecutore testamentario ovvero di legato di credito.
Delle due, alla luce della posizione assunta nel tempo dalla giurisprudenza si predilige senz’altro l’ultima ipotesi adombrata, quella del legato. Invero una volta prescelta questa soluzione si possono evidenziare alcuni argomenti interpretativi:
a) In primis il dato che il beneficiario non sia un professionista ai quali è d’uso attribuire tale ufficio: tale designazione pur legittima, parrebbe rivelare l’intenzione non tanto di remunerare la specifica competenza, ma di omaggiare la persona in un atto di liberalità animato da una gratitudine – tipica del legato – sganciata anche qualitativamente dall’effettiva attività in seguito eventualmente profusa per l’adempimento dell’ufficio attribuito ;
b) In secondo luogo Il lascito difetterebbe, vista l’entità consistente che ne viene riferita, del requisito della proporzionalità della remunerazione. La retribuzione stabilita dal testatore infatti, per essere tale, è d’uopo sia proporzionata all’opera prestata dall’esecutore testamentario in difetto avvalorando la tesi della liberalità a titolo di legato. In effetti se il valore del lascito non fosse paragonabile al compenso, ricavabile in media dalle tariffe professionali, l’entità della disposizione sarebbe del tutto svincolata dall’intento strettamente retributivo per essere meglio inquadrabile in un atto dispositivo animato da spirito di liberalità. Questa chiave di lettura è stata più volte utilizzata quale elemento oggettivo per l’interpretazione della empirica volontà del testatore nell’una o l’altra direzione.
c) A rendere però un certo carattere di ambiguità del lascito, che perciò potrebbe comunque dare luogo a contestazioni circa la sua natura, si può citare il tenore letterale della disposizione. Una istituzione di legato pura e semplice avrebbe sgombrato il campo da possibili dubbi, mentre allorquando si parla di “riconoscenza” per il conferimento dell’incarico di esecutore testamentario, pur nell’ambivalenza del termine, l’affermazione è molto vicina a delineare un intento di ricompensa speciale, quasi remunerativo. In questo senso si ritengono comunque prevalenti – a livello interpretativo, gli argomenti precedenti, tuttavia ricordando che in caso di contestazioni sovrano sarebbe l’apprezzamento e l’interpretazione del Giudice di merito.
Da questo inquadramento ne deriverebbe altresì la conseguenza, ai sensi dell’art. 706 c.c. dell’impossibilità dell’esecutore testamentario anche legatario di procedere alla divisione dell’eredità, di fatto riducendo significativamente la funzione della figura designata dal testatore.
Quanto ai profili fiscali il legato viene tassato con tassa di successione, senza alcuna franchigia (stante l’assenza di paretela rilevante per legge), nella misura del 8%. Si fa rilevare inoltre che i titoli del debito pubblico ed i titoli di Stato sarebbero esenti da tassa di successione.
Il legato non verrebbe in altro modo tassato (non essendovi immobili ricompresi che sconterebbero l’imposta ipotecaria e catastale) e non avrebbe alcun rilievo ai fini IRPEF (ciò che invece accadrebbe se la disposizione fosse qualificata come retribuzione dell’ufficio).
In via ulteriore, trattandosi di legato di credito di entità determinata all’apertura della successione, è possibile chiederne la liquidazione direttamente al debitore (dunque in questo senso la banca) che dovrebbe consentirne la riscossione indipendentemente da qualsiasi intervento degli eredi. Al contrario, si trattasse di remunerazione dell’attività di esecutore testamentario, la liquidazione ed il pagamento sarebbe a carico degli eredi ed in caso di disaccordo sull’entità sarebbe imprescindibile una determinazione giudiziale del compenso (Trib. Varese sez. I 25 luglio 2012).
Il legatario, inoltre, non risponde in via solidale con gli eredi delle imposte di successione (mentre gli eredi tra loro rispondono in via solidale per le imposte di successione nell’ammontare complessivamente dovuto da loro e dagli eventuali legatari), ma solo per sé stesso nei limiti del valore del legato ricevuto (commissione tributaria regionale di Roma Sent. 609/14/11 del 20 settembre 2011).