Il tema annoso della natura giuridica del condominio e di pratica assenza di disciplina positiva sulla definizione rende ogni volta interessante osservare le pronunce dei giudici nelle cause dove il condominio stesso è parte. Ancora oggi si è di fatto sospesi tra la concezione giurisprudenziale di una assenza di personalità propria dell’entità condominiale ed autori che sostengono invece una nozione di condominio come centro di imputazione autonomo rispetto ai singoli partecipanti emergente dalle regole fissate dal codice civile e dalle altre leggi,. In tempi molto recenti, nel febbraio di quest’anno il Tribunale di Arezzo ha avuto modo di pronunciarsi su una fattispecie particolare: in breve un amministratore condominiale inviava disdetta circa un contratto quinquennale di manutenzione dell’ascensore comune, cui facevano seguito le disdette altresì dei singoli condomini. Al tempo delle disdette il contratto era pienamente operante e rinnovato tacitamente per un ulteriore quinquennio con previsione, in caso di recesso anticipato da parte del condominio di una penale elevata oltre al maggior danno.
Naturalmente la citazione non tardava ad arrivare e la ditta appaltatrice richiedeva in giudizio il pagamento della penale oltre al maggior danno, essendosi interrotto il rapporto contrattuale per intervenuto recesso da parte del condominio.
Tra le difese assunte dal condominio, quella che qui interessa è la richiesta di dichiarazione della nullità della clausola disciplinante la penale per recesso anticipato, stante la vessatorietà della medesima ai sensi per l’effetto dell’ art. 36 del Codice del consumo; conseguentemente dichiarare non dovuto l’importo richiesto dall’attrice a titolo di penale pecuniaria.
Nella domanda del condominio è implicito il riferimento ad una giurisprudenza su caso analogo che vale la pena di ricordare e “…il contratto di manutenzione dell’impianto elevatore installato nell’immobile del condominio venne stipulato dall’amministratore del condominio, ma in rappresentanza dei condomini. Infatti il condominio è un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti (Cass. N. 826/1997: Cass. N. 12204/1997: Cass. N. 7544/1995). In particolare il rapporto contrattuale oggetto di causa. relativo ad una prestazione di servizi, non vincola l’amministratore in quanto tale, ma i singoli condomini e l’amministratore opera come mandatario con rappresentanza dei singoli condomini. Ne consegue che, poiché i condomini vanno senz’altro considerati consumatori, essendo persone fisiche che agiscono, come nella specie, per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta, anche al contratto concluso dall’amministratore del condominio con il professionista, in presenza degli altri elementi previsti dalla legge, si applicano gli artt. 1469 bis e segg. cc…” (C. Cass. Ord. Sez. 3, n. 10086 del 24/07/2001 Rv. 548447).
Ne discende che, in applicazione del detto, prevalente, orientamento della Cassazione, il condominio, pur munito di partita IVA e impersonato, in fase di stipula contrattuale, dall’amministratore, resta pur sempre un’entità complessa ed ibrida formata dalla pluralità dei condomini/consumatori donde al contratto si applicherebbe la – più garantista- disciplina prevista dal Codice del Consumo.
Nel caso in questione il Giudice di merito ha optato per accordare al condominio il recesso dal contratto, ritenendo vessatoria la clausola contrattuale che prevedeva la penale ai sensi del codicedel consumo asserendo che la medesima essendo”unilateralmente predisposta, dunque essa deve essere interpretata nel dubbio favorevolmente al consumatore (1469 quater c.c.). Non è stata data prova che tale clausola sia stata oggetto di specifica trattativa (1469 ter c.c.) dunque essa può essere dichiarata vessatoria sia ave riconducibile alle presunzioni di cui all’art. 1469 bis c.c. (da 1 a 20) o avuto riguardo alla “…natura del bene o del servizio oggetto del contratto e facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della sua conclusione ed alle altre clausole del contratto medesimo o di un altro collegato o da cui dipende…..”
Tuttavia, pur dichiarando nulla la detta clausola e sciolto il contratto, il Tribunale ha accertato un diritto indennitario a favore dell’appaltatore, affermando che a fronte del diritto di recesso unilaterale stabilito dall’art. 1373 c.c. permane comunque, a mente dell’art. 1671 c.c., l’obbligo del condominio committente di tenere indenne l’appaltatore del mancato guadagno, riconoscendo all’appaltatore il diritto di indennizzo risarcitorio. Nella specie il risarcimento è stato parametrato, in via equitativa ai canoni a scadere del rapporto contrattuale interrotto e, precisamente nella somma quota pari al 20% degli stessi di € 650 circa.