La revoca dell’amministratore di condominio può essere deliberata in ogni tempo – per qualsiasi motivo – dall’assemblea con la maggioranza di legge oppure nei modi previsti dal regolamento condominiale. In più, se l’amministratore si rende autore di mancanze gestionali gravi, anche ciascun condomino, singolarmente, può adire il Giudice per la revoca. Giuste cause di revoca sono: l’omesso, o gravemente irregolare, rendiconto di gestione; il ripetuto rifiuto di convocare l’assemblea in alcuni casi previsti dalla legge; la mancata esecuzione di provvedimenti giudiziari e amministrativi, o deliberazioni dell’assemblea; la mancata apertura ovvero utilizzo del conto corrente condominiale; situazioni di confusione tra il patrimonio del condominio e il patrimonio personale dell’amministratore o di altri condomini ed altri casi previsti dall’art. 1129 comma 12 c.c.. La Cassazione ultimamente (con ordinanza n. 15706/17 del 23.06.17) è tornata sul tema qualificando questo procedimento come volontaria giurisdizione incidente sul rapporto di mandato tra condomini ed amministratore, un rimedio nel quale l’intervento del giudice è diretto all’attività di sola gestione di interessi e senza efficacia decisoria. Pertanto, vista la natura della procedura e degli interessi in gioco, la Suprema Corte ha confermato che non è indispensabile farsi assistere da un avvocato. E’ però altrettanto vero che la difesa tecnica – che giova sicuramente alle probabilità di buon esito dell’istanza – è pur sempre un diritto e che, ove il condomino decida di farsi assistere da un legale, in caso di accoglimento della revoca, avrà titolo alla rivalsa per le spese legali nei confronti del condominio, che a sua volta avrà possibilità di regresso nei confronti dell’amministratore revocato.